Un dato è praticamente certo per le prossime elezioni regionali in Umbria. Presidente sarà una donna, perpetrando una tradizione unica in Italia, visto che dal 2000 in questa regione si sono alternate alla presidenza ben tre donne: Maria Rita Lorenzetti e Catiuscia Marini della sinistra storica umbra, e la leghista Donatella Tesei, eletta nel 2019, che si è ricandidata per la destra e che se la vedrà con Stefania Proietti, civica, sindaca di Assisi e presidente della Provincia di Perugia, sostenuta praticamente da tutto il cosiddetto “campo largo”.
C’è un altro aspetto certo di queste elezioni: i due schieramenti e le due candidate sono date praticamente alla pari e solo un pugno di voti deciderà chi vincerà. Ecco perché la piccola Umbria ultimamente è stata più volte definita “la Ohio” italiana, dal nome del piccolo Stato degli USA che tradizionalmente decide chi vince le presidenziali americane. In Italia, invece, essendo andata la Liguria al centro destra, e apparendo scontata la vittoria della sinistra in Emilia Romagna (che voterà insieme all’Umbria), chi vince qui si aggiudica la partita che potrebbe essere 2 a 1 per l’uno o per l’altro schieramento.
Ed è stata questa la ragione che ha spinto il centro destra ad imbarcare nella coalizione Stefano Bandecchi, il sindaco di Terni, personaggio assi discusso, noto per le sue aggressioni verbali, ribattezzato “lo sputatore seriale”, presidente dell’Università telematica Unicusano, per il quale proprio di recente la Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per aver evaso quasi 14 milioni di euro. Spera, la destra, di poter vincere proprio grazie alla dote di voti che teoricamente Bandecchi potrebbe portare. Se non che in Umbria il partito di Bandecchi, Alternativa Popolare, non è arrivata nemmeno al 2 per cento. Inoltre, l’elettorato di Fratelli d’Italia, soprattutto a Terni, ha mal digerito l’accordo con Bandecchi, che fino all’altro ieri ha insultato pesantemente i rappresentanti del partito di Meloni in Consiglio comunale, e ancora più di recente si è lasciato andare a commenti davvero indecorosi sul suo profilo Instagram, arrivando a scrivere che lui i voti li compra.
Che in Umbria la partita sia dunque apertissima lo hanno ben capito tutti. Tant’è che da giorni il cuore verde d’Italia viene battuto palmo a palmo da Elly Schlein, ma soprattutto da Salvini, Tajani e dai colonnelli di Meloni. C’è stato e c’è ancora un via vai di Ministri come non si era mai visto nella storia di questa regione. Così come piovono milioni di euro come fossero noccioline. Ciascun Ministro che viene a fare propaganda per la Tesei annuncia milioni e milioni di contributi per questa terra. Peccato che, proprio questo Governo, ha tolto i finanziamenti per l’opera infrastrutturale più importante e strategica non solo per l’Umbria ma per l’intero sistema dei trasporti nazionale: il completamento del raddoppio della tratta ferroviaria Orte-Falconara. Prima inserito tra i progetti del PNRR, e poi cancellato. Però in compenso Salvini ha dato qualche milione per finanziare una stazione dell’Alta Velocità per l’Umbria. Solo che la stazione sarà in Toscana, a Creti e un perugino – se mai si farà – per raggiungerla dovrà prendere l’auto e fare quasi un’ora di strada. Ma la cosa più incredibile è che la Regione Toscana ha più volte detto che lì la stazione Alta Velocità non la autorizzerà mai.
L’Umbria per quasi cinquanta anni era stata appannaggio della sinistra. Ma nel 2019 la presidente Marini si dimise (cosa molto rara allora e rarissima oggi, se si considera che per accuse molto più pesanti ci sono Ministri ancora in carica) a causa di una inchiesta sulla sanità che la coinvolse (ricevette un avviso di garanzia) e che vide arrestati l’assessore regionale alla sanità, Luca Barberini, l’allora segretario regionale del PD ed ex sottosegretario al Ministero degli Interni, Gianpiero Bocci, ed alcuni dirigenti della sanità regionale. Quello era il tempo in cui già soffiava forte anche in Umbria “il vento leghista”. Erano gli anni del governo Cinque Stelle-Lega, e la sinistra, al di là dell’inchiesta, era in crisi in Umbria come in tutto il Paese. Nella regione, infatti, alle elezioni politiche del 2018 il centro sinistra era precipitato al 27,5 per cento, mentre il centro destra era già quasi al 37 per cento ed i Cinque Stelle al 27,5. Insomma, l’Umbria, al di là dell’inchiesta, per la sinistra era ormai persa.
È così che Matteo Salvini, specialista del “garantismo alla rovescia” ( innocentista con gli amici, colpevolista con tutti gli altri), si presentò sotto Palazzo Donini (sede del governo regionale) ad urlare contro Catiuscia Marini e la sinistra, ed indicò come candidata alla presidenza della Regione la senatrice leghista, Donatella Tesei, ex sindaca di Montefalco, un comune umbro molto noto per il famoso Sagrantino…e per il buco di bilancio di oltre quattro milioni di euro lasciato proprio dalla Tesei. Quella scelta non fu mai concordata con Fratelli d’Italia, ma letteralmente imposta da Salvini, forte del suo enorme consenso elettorale di quegli anni. Una scelta che Giorgia Meloni contestò e, pare, non abbia mai “digerito” la Tesei. Così come ora anche la ricandidatura della Tesei è stata voluta fortemente da Salvini, nonostante i tanti, tantissimi mal di pancia proprio dentro il popolo di Fratelli d’Italia, che non ha mai amato la Tesei, e che avrebbe voluto come candidato alla Regione il forzista ed ex sindaco di Perugia, Andrea Romizi.
Fratelli d’Italia, che è stato tenuto fuori dalla Giunta regionale della Tesei, ora teme il voto del prossimo fine settimana soprattutto a causa del disastro sanità che si è consumato in questi cinque anni. Sempre Salvini, infatti, impose alla Tesei il suo amico Luca Coletto, già assessore regionale in Veneto e già sottosegretario al Ministero della salute nel governo Lega-Cinque Stelle, nel frattempo rimasto disoccupato a causa della caduta del Governo Conte I. Una scelta subita in Umbria e che si rivelata fallimentare. In soli cinque anni la sanità umbra con la gestione Tesei-Coletto è passata da essere una eccellenza nazionale (per più anni è stata regione benchmark, e nel 2018 addirittura prima regione), ad arrancare per conquistare posizioni mediane. È precipitata nella classifica dei LEA (i livelli essenziali di assistenza), ha liste d’attesa da paura, è cresciuta la mobilità passiva (gli umbri che vanno a curarsi in altre regioni) e dato ancor più drammatico il 9,4 degli umbri è costretto a rinunciare alle cure a causa dell’incapacità del sistema sanitario regionale di garantire risposte adeguate. È su questo che si giocano e si giocheranno le prossime elezioni del 17 e 18 novembre. Ovviamente Tesei e tutta la sua maggioranza hanno pensato bene di “nascondere” l’assessore Coletto, letteralmente scomparso dalla scena di questa campagna elettorale.
Il quinquennio Tesei, insomma, non ha affatto brillato. Anzi. È stato un mandato contrassegnato da un forte “grigiume”. Mai la presidente uscente ha avuto una ribalta nazionale. Di lei non c’è traccia nelle cronache nazionali se non per tre particolari vicende, e tutte negative per la sua immagine. Salì infatti alla ribalta nazionale quando firmò, nascosta in una delibera della Giunta regionale al tempo del Covid, una norma che introduceva “l’ospedalizzazione” per tre giorni per l’utilizzo della pillola abortiva Ru486, modificando la precedente norma che prevedeva la possibilità di ricorrere all’utilizzo della pillola in day hospital e gratuitamente. Un chiaro attacco alla legge “194”, ed un favore al suo amico ex senatore Simone Pillon. Successe il finimondo, e la Tesei fu costretta a fare marcia indietro.
Qualche tempo fa è tornata alla ribalta per una vicenda politicamente davvero incresciosa. Aver approvato una norma che – unica regione in Italia – consente il transito di veicoli a motore, motociclette ed altri mezzi fuori strada, su sentieri, mulattiere, viali parafuoco e quanto altro rappresenta i percorsi immersi nel verde e nella natura. Anche in questo caso la cosa ha conquistato l’attenzione dei media nazionali, anche perché l’Umbria, come noto non solo è la terra di san Francesco, strenuo difensore dell’ambiente e famosa per l’essere il “cuore verde d’Italia”, ma è addirittura regione capofila di progetti che sostengono il turismo lento e sostenibile. Davvero una sorta di provocazione che è stata alla base di una fortissima mobilitazione sfociata in una delle manifestazioni di protesta più partecipate degli ultimi decenni in Umbria, con migliaia di persone scese in piazza per chiedere la cancellazione della norma. Cosa non avvenuta.
E “dulcis in fundo”, per la Tesei e per la sua assessora Paola Agabiti Urbani, è arrivato il “tartufo gate”. L’indagine aperta dalla Procura della Repubblica di Perugia, diretta da Raffaele Cantone, che nei mesi scorsi ha iscritto nel registro degli indagati la Presidente Tesei e l’assessora Agabiti per il reato di abuso d’ufficio, per aver concesso un contributo di 4 milioni e 800 mila euro all’impresa tartuficola Urbani Tartufi, il cui titolare è proprio il marito della Agabiti, mentre proprio nel tempo in cui il bando regionale veniva pubblicato, la stessa azienda “stabilizzava” il figlio della Presidente Tesei. Ma a settembre il Parlamento a trazione destra ha cancellato quel reato dal codice penale e quindi Cantone ha chiuso la pratica e chiesta l’archiviazione. La cosa però ha fatto molto rumore anche a livello nazionale, ma soprattutto ha creato molto malumore tra i cittadini umbri, indignati per un “affaire” che, al di là della correttezza delle procedure amministrative che la stessa Procura avrebbe riconosciuto, è davvero poco edificante ed eticamente discutibile dato che né la Tesei, né la Agabiti, hanno pensato bene di astenersi dal votare quei provvedimenti. E come ha rilevato qualche giorno fa la trasmissione Report, che ha dedicato al caso un ampio servizio, siamo di fronte ad un conflitto d’interesse “grande come una casa”.
Dall’altra parte Stefania Proietti ha deciso invece una strategia di campagna elettorale molto tradizionale e a bordo di un’auto elettrica ha girato tutti e 92 i Comuni dell’Umbria, per spiegare la sua idea di Umbria dove proprio la sanità deve tornare ad essere una eccellenza, e poter garantire ad ogni cittadino il sacrosanto diritto alla salute, oggi negato agli umbri. Si badi bene che questo non è uno strumentale slogan elettorale come cerca di sostenere la destra, dato che proprio questa affermazione è rintracciabile nella relazione della Corte dei Conti regionale addirittura nel luglio del 2023, quando la procuratrice della Corte, Rosa Francaviglia, scrisse nella sua relazione per la parifica del bilancio della Regione Umbria, a guida Tesei, che “il diritto alla salute della collettività umbra rischia di passare dall’essere seriamente compromesso all’essere sostanzialmente negato”. Parole pesanti come pietre!
La sindaca di Assisi ha quindi preferito concentrarsi sulle proposte, evitando accuratamente toni aggressivi, preferendo spiegare agli elettori umbri cosa farà se eletta presidente. Per esempio, oltre al capitolo sanità sul quale ha molto insistito, il tema della tutela dell’ambiente ed il no secco e convinto alla realizzazione in Umbria di un inceneritore, che tanto vorrebbe la destra, salvo però non aver mai detto dove realizzarlo. Proietti, infatti, è non solo fortemente contraria all’inceneritore, ma è convinta che proprio in Umbria si potrà dar vita ad un virtuoso percorso di chiusura del ciclo della raccolta e trattamento dei rifiuti che faccia perno sulla raccolta differenziata, senza dover ricorrere alla realizzazione di un impianto di incenerimento che per una realtà piccola come l’Umbria sarebbe sovradimensionato ed anti economico. Parola di ingegnere! Cioè di Stefania Proietti, che infatti è ingegnere e docente di scienze ingegneristiche presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi a Roma.
Merito di Stefania Proietti è anche quello di essere riuscita a replicare per le elezioni regionali lo schema del “campo largo” inclusivo che nello scorso mese di giugno ha portato il centro sinistra a riconquistare con Vittoria Ferdinandi (civica anche lei) il capoluogo di Regione, Perugia, strappandolo alla destra dopo dieci anni. In Umbria, infatti, non c’è traccia delle tensioni che si sono avute in altre parti d’Italia, come la Liguria. E la coalizione è particolarmente compatta, che va dal PD ad AVS, dai 5 Stelle ai socialisti, ai civici, ad Azione, con dentro anche esponenti che fanno riferimento ad Italia Viva di Matteo Renzi.
Basterà tutto questo per consentire a Stefania Proietti di strappare alla destra anche la Regione?
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