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LA CONFINDUSTRIA LUCANA SUONA LA SVEGLIA – Talenti Lucani


In maniera assolutamente innocente il Presidente Bardi ha parlato di “miracolo” di Francesco Somma, presidente degli industriali lucani , nel mettere insieme il gotha della politica e dell’economia italiana ,un ministro , la Casellati, in presenza, due ministri, Urso e Pichetto Fratin in collegamento video, il presidente di Confindustria Orsini, il capo della struttura di missione della Zes, presidenti confindustriali di alcune regioni del Sud e tanto altro. Non c’è da stupirsi invece , niente di “divino”, ma molto di “terreno”: autorevolezza, credibilità, capacità di relazioni e un grande senso organizzativo da sempre hanno distinto il lavoro di Francesco Somma, che, in questi anni, ha saputo fare dell’organismo confindustriale lucano una squadra  che legittimamente si pone, al di là dei numeri, tra le più forti del Meridione e tra le più ascoltate a livello centrale.  E va anche detto che contribuisce a questa credibilità , la sua capacità di parlare in maniera pacata ma franca, linguaggio dilomatico ma fatti precisi ed incontrovertibili.

C’era la Casellati  e Somma non l’ha presa alla larga per dire che l’autonomia differenziata è improponibile  se continua a esistere la tagliola della spesa storica, che c’è bisogno di una partenza paritaria tra tutti e che per far questo c’è bisogna di risorse che non si vedono all’orizzonte.

C’era il Commissario della Zes, e Somma gli ha messo sotto il naso  il nodo di una incentivazione per la Basilicata che è la più bassa tra le Regioni del Mezzogiorno e che  quindi è disincentivante per gli insediamenti in terra lucana. Così come senza una strategia complessiva di sviluppo industriale,non si va da nessuna parte

E poi la sua diagnosi sull’economia in Basilicata. Un piano infrastrutturale che non convince, e che non consente di aprire veramente il territorio lucano agli impulsi esterni, Ferrovie Anas e Fal debbono confrontarsi con le esigenze della Basilicata, soprattutto quest’ultima  i cui interventi non vanno certo in direzione di una produttività degli investimenti e di una fruibilità sociale dei servizi. E poi le croniche carenze di una Murgia Pollino che non decolla ,  l’assenza di una formazione moderna che vada al di là dell’assistenzialismo e che, cos’ com’è, ci sta regalando   il paradosso assurdo  per il quale in Basilicata  manca il lavoro ma mancano anche i lavoratori.  E anche l’Università di Basilicata che avrebbe dovuto caratterizzarsi come Ateneo “per” la Basilicata ha conservato nel tempo una relativa distanza dall’universo civile e produttivo della regione.

A Bardi non ha mancato di far rilevare lo spostamento di  poste finanziarie  originariamente  destinate alle imprese, motivato da questioni “necessarie ed urgenti” nel frattempo intervenute.   È accaduto anche di recente, per le risorse rivenienti dagli accordi di compensazione ambientale, utilizzate per risolvere altre criticità del bilancio regionale. E questo significa ignorare l’assunto secondo il quale solo un sistema realmente competitivo e un tessuto produttivo sano possono evitare che le fragilità regionali si trasformino in fratture.

Le interviste ai ministri hanno consentito di mettere a fuoco le problematiche più urgenti a livello nazionale che riguardano la transizione energetica, la crisi di Stellantis ( Urso ha detto che si possono fare ulteriori sforzi finanziari a patto che ci sia una chiara visdione di quello che Tavares voglia fare), e il premierato. Mentre il presidente Bardi ha condiviso l’insoddisfazione degli industriali per la mancanza dell’alta velocità e la conseguente necessità di insistere per una progettazione più rispondente alla necessitaà di mettere  la Basilicata nelle stesse condizioni delle altre regioni del Sud.  Insomma un momento di serio confronto sui temi che più interessano I lucani,  che è stato anche un momento in cui la Basilicata ha dimostrato la propria capacità di pensare, di proporre e di pretendere soluzioni, senza doversi togliere il cappello.  Le conclusioni di Orsini hanno costituito poi un grido di allarme per la situazione di crisi che l’industria italiana nel suo complesso  sta attraversando con il segno meno in molti settori, dall’automotive, all’abbigliamento, al legno e con le nubi che si presentano all’orizzonte di dazi da una parte e dall’altra del Mondo, problema rispetto a cui l’Europa deve svegliarsi e tagliare i lacci di una regolamentazione che sta strozzando le  imprese italiane e bloccando gli investimenti esteri. Rocco Rosa

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